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  La nostra  è una storia di una famiglia, di padri e madri e figli, con la passione per la terra e per gli animali, di speranza nella rinascita dell'agricoltura di montagna, di resistenza nelle difficili condizioni di vita e lavoro in un ambiente un po' ostile e un po' magico dei monti appenninici.

 

  Inizia nei primi anni 70, quando mia madre Concetta Pugliese e mio padre Giuseppe Volpini si incontrarono ed assieme ad un gruppo di agricoltori ripensarono  l'Appennino come un luogo ospitale dove vivere e un laboratorio dove sviluppare un'agricoltura in grado di sostenere le persone e l'ambiente attraverso la valorizzazione delle risorse locali.

 

 Una svolta resa possibile dalla sensibilità di personaggi del territorio come il Conte Luchino Dal Verme, di studiosi come il sociologo Giovanni Prestini e il professor Succi della facoltà di Zootecnia dell'Università di Milano, che portarono nell'Oltrepò Montano insieme alle prime tesi di laurea di gruppo anche i giovani laureandi.

 

  Fattore fondamentale fu l'introduzione della "liena vacca-vitello", che prevede allevamento di fattrici da carne in semi-libertà, con utilizzo dei maggenghi e dei pascoli in quota, produzione di vitelli da ristallo e, grazie alla fase finale di ingrasso in azienda, la possibilità di  produrre carne di alta qualità.

  L’allevamento delle vacche da latte, con la vendita ai Consorzi o ai caseifici non consentiva in alcun modo agli allevatori di sopravvivere, le strutture erano inadeguate, le tecniche inefficienti, il margine economico non sostenibile.

  Occorreva individuare una risorsa locale in grado di sostenere una agricoltura nuova, rispettando l’ambiente e riportando la qualità di vita dell’uomo al centro, capire come valorizzare al meglio il grande patrimonio foraggiero che queste terre sono in grado di produrre.

 

  Luchino dal Verme, Giovanni Prestini, Giuseppe Volpini e Camillo Dal Verme si recarono in Francia, ove conobbero, studiarono la linea vacca-vitello e la produzione dei vitelli da carne; intuendo che era un modello trasferibile, avviarono la sperimentazione nelle loro aziende.

  E’ grazie a loro che si passava così dalle tradizionali piccole stalle con poche vacche da latte ormai improduttive, ad una tipologia agricola incentrata sulla valorizzazione del territorio, dei prati e dei pascoli, sul rispetto dell’ambiente e degli animali allevati, su una costante ricerca scientifica che ha portato la produzione agli attuali livelli qualitativi .

 

  La linea vacca-vitello rappresenta un modello innovativo di produzione agricola, perfettamente integrata nell’ambiente, secondo i principi di una filosofia di agricoltura definita “etica”.

  Con questo termine si intende una agricoltura consapevole del ruolo che deve assumere nello sviluppo del territorio e della società, basata sul rispetto dell’ambiente, come insieme di fattori naturali, antropici, storici, relazionali, una agricoltura sostenibile, produttrice essa stessa di ambiente, cultura paesaggio, attenta al benessere animale, sempre conscia dei ruoli che ogni fattore assume nel ciclo della produzione.

  Una agricoltura che ha ben chiaro il concetto di impresa, di management, che sa garantire al consumatore un prodotto di qualità, a un costo sostenibile anche per gli imprenditori agricoli.

 

Intraprendere questa nuova produzione non è stato facile: del tutto nuova, senza sostegno scientifico, è stata sperimentata, affinata e consolidata direttamente nelle aziende, passo dopo passo, attraversando anche profondi mutamenti di strategia, per arrivare alla attuale situazione tecnica e scientifica ormai consolidata.

  Le dinamiche di mercato, costantemente a sfavore delle aziende nel momento della collocazione dei propri  vitelli da ristallo, hanno portato ad una successiva evoluzione della filiera, che è stata completata con l’ingrasso e il finissaggio dei vitelli all’interno delle aziende medesime. 

 

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